Le Origini dell’Araldica

Antico sistema sociale di comunicazione

Cretien de Trojes (1135-1190) nel suo poema «Lancillotto», così descrive l’animazione che regna tra gli spettatori di un torneo dove si batterà il suo eroe: «Vedete, dicevano tra loro, il cavaliere dallo scudo rosso attraversato da una banda d’oro? È Governai di Roberdic. E vedete quello che lo segue e che sullo scudo ha appo- sto un’aquila e un drago? E’ il figlio del re di Aragona, è venuto in questa terra per conquistare fama e onore. Vedete anche il suo vicino, che sprona e giostra con tanta abilità? Porta lo scudo partito in verde e azzurro, e sul verde è dipinto un leopardo; è Igauré il desiderato, l’amoroso e bene amato. E quello che sullo scudo porta i fagiani dipinti becco contro becco? E’ Coguillant di Montirec. E quei due là sui destrieri pomellati? Sull’oro dello scudo si vedono due leoni grigi. Uno si chiama Semiramis e l’altro è il suo compagno; per questo hanno gli scudi dipinti alla medesima gui- sa. Vedete il cavaliere che sullo scudo ha l’immagine di una porta da cui sembra che esca un cervo? Ebbene, quello è il Re Idiero».

Stemmi Cavallereschi

Questo brano che rende tutto l’epos della cavalleria, ci introduce anche ed in modo mirabile, nel mondo incantato dell’araldica; per- ché è fuor di dubbio che questa disciplina, per i suoi colori brillanti, l’eleganza delle sue figure, il suo linguaggio suggestivo, esercita un profondo e misterioso fascino. Tuttavia pochi sono quelli che hanno familiarità con questa scienza, forse perché presuppone anni di studi e di osservazioni e pertanto rimane ancora oggi un argomento lontano dall’interesse del grosso pubblico. Tutti gli studiosi sono ormai d’accordo che l’araldica ebbe inizio nel XII secolo, quando i guerrieri medievali, completamente coperti dagli elmi e dalle armature che li rendevano irriconoscibili, sentirono il bisogno di dipingere i loro caschi e i loro scudi con vari colori per distinguersi l’uno dall’altro. L’uso si estese rapidamente a tutta l’Europa occidentale ed ai colori si aggiunsero figure di vario genere allo scopo di abbellire e rendere più distinguibili gli scudi. 

Il primo scudo araldico che si conosce è quello di Goffredo V Plantageneto Duca d’Anjou oggi custodito nel Museo di Le Mans e che risale al 1127. Ben presto però, da questo uso esclusivamente guerresco, l’arma o blasone come venne poi chiamato, da segno di distinzione personale divenne emblema familiare trasmissibile da padre in figlio. Altro notevole impulso allo sviluppo dell’araldica si ebbe con le Crociate in Terra Santa, quando le schiere cristiane presero a dipingere la croce sui loro scudi, che fu di vario colore per distinguere le varie nazioni. Si aggiunsero poi figurazioni e colori diversi più per riconoscersi vicendevolmente che per differenziarsi dal nemico. Coll’avvento delle armi da fuoco nel XIV secolo, le pesanti armature medievali che toglievano mobilità ai combattenti senza renderli per questo più protetti, divennero obsolete; non per questo però l’uso del blasone perse la sua importanza. 

Enamel effigy of Geoffrey Plantagenet, Count of Anjou on his tomb, formerly at Le Mans Cathedral, now in the Museum of Archeology and History in Le Mans.

L'importanza dei colori

Una identificazione certa dei cavalieri era data dal colore della croce che essi portavano nelle insegne e fu codificato che ad ogni nazione a cui essi appartenevano fosse dato uno smalto differente. Quando i crociati partirono per la prima spedizione avevano tutti la croce rossa sui petto e sulle bandiere. Solo successivamente nel 1188 Filippo Augusto re di Francia, Riccardo Cuor di Leone re d’Inghilterra e Ferrando conte di Fiandra riuniti in conferenza decisero di crociarsi e stabilirono che ciascuna nazione avesse un colore identificativi): la croce dei Francesi sarebbe rimasta rossa, quella degli Inglesi sarebbe diventata bianca mentre quel- la dei Fiamminghi verde. Ma al tempo delle guerre di Edoardo III di Inghilterra (13401 questi prese il rosso come re di Francia ed i Francesi abbandonarono tale colore perché ritenevano qua- le identificazione nemica e ripresero il loro bianco nazionale. Le altre nazioni si scelsero il loro colore delle croci, e quindi rimase la croce bianca pei Francesi. la croce rossa ed anche gialla per gli Inglesi, la croce azzuffa per gli Italiani, la croce rossa per gli Spagnoli, Normanni. Guasconi e Borgognoni e la croce arancia o nera per i Tedeschi ed i Sassoni..

Lo stemma aveva assunto il carattere di identificazione di un personaggio, di una famiglia, di un casato; inoltre se l’arma aveva perso la sua connotazione squisitamente bellica, aveva assunto per contro un carattere per così dire ornamentale. Stemmi vennero dipinti non più solo sugli scudi da battaglia, ma sui mobili, sulle vesti, sulle suppellettili, sui muri dei castelli, sui frontoni delle case e dei palazzi, sulle chiese e nei conventi, quali segni di distinzione di questa o quella famiglia, di questo o quel convento, monastero o abbazia. L’uso dello stemma divenne talmente diffuso e popolare che, contrariamente a quanto si crede, esso non fu appannaggio esclusivo della nobiltà, ma si diffuse tra la borghesia e persino tra il ceto contadino. Nello sviluppo dell’araldica si possono distinguere tre periodi che sono anche stilisticamente diversi. Un primo periodo che va dal XII al XIII secolo in cui l’araldica ha un carattere esclusivamente guerresco; un secondo periodo che comprende il XIV e XV secolo in cui la diffusione dei tornei porta al maggior sviluppo dell’araldica intesa come arte del blasone ed alla sua trasformazione da segno di distinzione militare in segno di distinzione di famiglia, stirpe o casato. E’ questo il periodo in cui comparvero gli Araldi o Maestri d’Arme, veri specialisti capaci di distinguere, infallibilmente, i vari cavalieri che si presentavano in giostra dallo stemma dipinto sul loro scudo e dal cimiero che portavano sull’elmo. In questo periodo vennero fissate le regole o leggi araldiche di cui gli araldi erano custodi e giudici. Per loro merito comparvero i primi stemmari, preziose raccolte di scudi dipinti con i nomi dei proprietari, che tanta importanza hanno avuto e tuttora hanno, per gli studi in materia. Nel Rinascimento e successivamente con l’avvento del barocco (terzo periodo), la rappresentazione araldica specie in Italia, perde le sue caratteristiche originali che erano di sobrietà e purezza (periodo gotico) per diventare pura esercitazione di bravura decorativa. Le linee semplici e rigidamente geometriche dello scudo gotico si ammorbidiscono sempre più fino a farlo diventare da appuntito ovale o addirittura di forma irregolare. Compaiono tutt’intorno volute, fogliami, intagli complicati e fastosi, vi si aggiungono decorazioni di ogni tipo, non c’è più limite alla fantasia degli artisti che si sbizzarriscono in ogni sorta d’invenzione, talvolta creando dei piccoli capolavori, talvolta sconfinando nel cattivo gusto. In questi ultimi tempi l’araldica ha conosciuto una nuova fioritura artistica per merito di numerose associazioni araldiche operanti nei vari paesi d’Europa, tendenti a ricondurre il disegno araldico alla sua originale semplicità in accordo sia con lo spirito originario dell’araldica, sia con il gusto artistico moderno. Il principio fondamentale su cui si basa l’araldica è la chiarezza, indispensabile per poter riconoscere con facilità il proprietario dello scudo. Il disegno araldico ammette solo due dimensioni, non c’è posto per prospettive o chiaroscuri, le sue divisioni sono strettamente geometriche, eliminati, così come pure ogni rappresentazione realistica. Le forme figurative tendono all’esagerazione fino ad assumere alle volte un carattere caricaturale. Gli animali raffigurati fin dai tempi di Bartolo da Sassoferrato che per primo pubblicò un vero e proprio trattato di araldica (1350), presentano sempre le stesse caratteristiche: aspetto feroce ed atteggiamento aggressivo e così pure le bestie mitologiche (pantera, grifo ecc.). Le figure occupano il campo che altro non è che la superficie dello scudo; esse possono trovarsi in qualsiasi punto del campo ma quasi mai toccano i bordi. Come abbiamo detto, la chiarezza è la caratteristica propria dell’araldica: ne deriva una particolare forma di stilizzazione non disgiunta da una certa libertà espressiva, purezza di linea ed eleganza. Queste regole sono ben presenti nell’araldica classica; solo con l’avvento dell’arte barocca il primitivo carattere di purezza si attenua, specie nell’araldica italiana dove gli scudi tendono a diventare simili a quadri. I colori dipinti sugli scudi sono fortemente contrastati; da ciò il gran numero di divisioni o partizioni che ogni manuale di araldica riporta. Accanto alle divisioni geometriche sono poi adoperate figure umane ed animali o singole parti dei loro corpi, mostri, piante, foglie, frutti, stelle, simboli religiosi, utensili, marchi di fabbrica o di professioni. L’enorme gamma di figure araldiche unita alla possibilità di cambiare la loro posizione nel campo dello scudo, i diversi colori con cui questi si possono dipingere (rosso, azzurro, verde, nero) uniti ai due cosiddetti metalli (oro ed argento), dà luogo ad una immensa varietà di combinazioni. La scelta di una figura piuttosto che un’altra, può essere dovuta ai motivi più disparati: a pura immaginazione per lo più, ma anche ad un fatto d’arme, alle qualità personali del proprietario, ad un evento importante, ad un episodio accidentale ora dimenticato e non più rintracciabile. Per la maggior parte degli scudi il motivo rimane però ignoto a meno che non si tratti delle cosiddette armi parlanti, nelle quali gli oggetti rappresentati fanno allusione al nome della famiglia o al mestiere esercitato od a qualche evento storico. E qui si pone il problema del simbolismo in araldica. Esiste in real tà per questa scienza un linguaggio simbolico? In verità esso è solo frutto di credenze popolari o della fantasia degli araldisti classici (Menestrier, Ginanni) che hanno voluto attribuire un significato recondito ai vari colori o figure rappresentate sugli scudi. Il significato simbolico di animali come leoni, aquile, colombe è conosciuto da tutti, ugualmente per le stelle, le croci, i fiori, gli utensili ecc. E questo un simbolismo di tipo popolare: nessun significato esoterico quindi. Resta qualche cosa da dire sul linguaggio araldico. L’araldica possiede un linguaggio suo proprio le cui caratteristiche sono: la concisione, l’eleganza, l’austerità. Blasonare un’arma significa descrivere uno scudo in termini araldici; tale descrizione deve essere breve il più possibile, senza ambiguità ed estremamente esatta. Alcune figure o divisioni possiedono dei termini specifici che bisogna conoscere, indispensabili per chi vuole avvicinarsi alla materia. Non tutte le lingue hanno la duttilità necessaria per blasonare in modo perfetto; da questo punto di vista il francese è la lingua araldica per eccellenza, essendo questo paese la sua culla. 

Gli araldi comunque restano maestri insuperati nell’arte di descrivere gli scudi più complicati; la stessa Inghilterra deve il suo linguaggio araldico alla Francia, anzi i primi armoriali o stemmari comparsi in Inghilterra erano redatti in francese. Il linguaggio araldico italiano è stato fino a poco tempo fa, una copia pedissequa di quello francese ma in questi ultimi tempi, per merito soprattutto dei proff. Plessi e Bascapè, la terminologia araldica italiana ha assunto una sua peculiare fisionomia. Essa resta comunque largamente tributaria del linguaggio francese sia per l’affinità delle due lingue, sia per l’uso di termini francesizzanti ormai invalso. Si è già visto che l’araldica, perduto il suo carattere originario, si diffuse come segno di riconoscimento poiché, non solo i privati ma anche corporazioni, comuni, autorità pubbliche, istituzioni ecclesiastiche, adottarono simboli araldici nei loro sigilli e sui documenti di natura ufficiale e questo sin dal XIII secolo. L’arma impressa sulla matrice del sigillo divenne quindi simbolo di giurisdizione, di sovranità o simbolo di autenticità su contratti scritti o altri documenti. Per arma si deve intendere il complesso di emblemi, colori, partizioni, figure, ornamenti che servono a distinguere una nazione, una famiglia, una città, provincia o comune. Tale complesso è costituito da 8 parti: scudo, timbro (elmo, cimiero, corona, svolazzi o lambrecchini, copricapi diversi), corona, manto, tenenti, supporti, sostegni, contrassegni d’onore, ornamenti, legende

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